La mastoplastica additiva prevede l’impianto di protesi mammarie per aumentare il volume del seno. Come tutti gli altri dispositivi, anche le protesi mammarie non sono eterne e di conseguenza capita che vadano incontro a usura o rottura. A fronte di protesi mammarie di buona qualità, l’eventualità della rottura non rappresenta un rischio per la salute, anche se sicuramente è indicato rimuoverle in tempi ragionevoli, senza aspettare degli anni. Cosa fare però a questo punto? Le possibilità sono due: eliminare i dispositivi, oppure sostituirli. In entrambi i casi – ma nel primo ancora di più – è necessario un rimodellamento del seno. Eliminare semplicemente le protesi produrrebbe infatti un effetto cadente, soprattutto a molti anni dall’intervento di aumento del seno. Per questo approfitto dell’intervento di espianto per eseguire una mastopessi, cioè per ridurre i tessuti di rivestimento e per riportare più in alto l’areola e il capezzolo. Nella grande maggioranza dei casi, riesco ad eseguire queste manovre semplicemente con una cicatrice attorno all’areola, per sua natura spesso molto poco visibile. Nel caso in cui la paziente desideri invece conservare il volume del seno di solito inserisco delle protesi a superficie microtesturizzata, come ho illustrato durante il Corso di Aggiornamento SICPRE “La mastoplastica additiva secondaria dopo rottura protesica”, che si è svolto il 26 marzo a Bologna. Le protesi mammarie a superficie microtesturizzata sono dispositivi sicuri che hanno il vantaggio, nelle mie mani, di conferire al seno una forma particolarmente stabile. Per questo le preferisco in particolare nella mastoplastica secondaria, quando è il momento del bis.